Le migliori Barbera d’Asti e Barbera d’Asti Superiore
Avendo fatto entrambe le cose possiamo procedere con un giudizio abbastanza ponderato, prima però soffermiamoci un attimo sulle principali differenze tra Barbera d’Asti e Barbera d’Asti Superiore.
Dal punto di vista del disciplinare la diversità sostanziale (oltre ad una lieve variazione sull’estratto secco) è che il secondo deve fare almeno un anno di affinamento di cui 6 mesi in legno.
In realtà tra i due vini c’è molta più differenza. Il primo è un vino fresco, quasi mai passato in legno, che si basa sul frutto e sulle caratteristiche basilari del vitigno: medio corpo, acidità importante, tannini pochi e quasi mai pungenti. Il secondo è un “fratello maggiore” a cui l’uso non certo omeopatico del legno (grande o piccolo) dovrebbe conferire quei tannini che il vitigno non ha in grande quantità, assieme a potenza e possibilità di invecchiamento.
CI troviamo quindi di fronte da una parte ad un vino giovane da consumare nell’arco di due-quattro anni e dall’altra ad un vino di medio lungo invecchiamento da non consumare preferibilmente prima di due-tre anni.
Una caratteristiche che li accomuna invece è il grande miglioramento qualitativo della denominazione: se fino a pochi anni fa si incontravano abbastanza facilmente Barbera d’Asti non proprio nitide dal punto di vista olfattivo oggi questo problema è praticamente inesistente, rientrato nei parametri normali di qualsiasi importante denominazione.
Con circa 70 vini per tipologia si possono fare anche delle medie su cui ragionare: eccovi così la “media stelle” dei due vini, che vede la Barbera d’Asti superare di poco il “fratello Superiore”.
2.42 contro 2.38 vuol dire sostanziale pareggio ma dato che stiamo parlando di vini con caratteristiche finali e prezzi diversi, alla fine per noi la “semplice” Barbera d’Asti batte neanche tanto di misura la Superiore.
I motivi? Prima di tutto il non aver paura di essere se stessa e di non nascondersi dietro ad un uso del legno che spesso inserisce un fattore di disarmonia in un vino dove già di suo l’acidità (forse più il PH) è un fattore che spicca e conferisce una certa durezza al vino.
L’avvocato difensore del Superiore potrebbe interloquire dicendo che quest’ultima non ha avuto a disposizione una vendemmia favorevole come la 2015, presentando principalmente prodotti da due vendemmie non certo facili come 2014 e 2013.
In effetti la 2013 e soprattutto la 2014 sono state vendemmie dove la Barbera, “Vitigno con le ali ma senza paracadute”, difficilmente ha potuto (come la maggioranza dei rossi italici) dare buoni risultati, mentre la calda 2015 ha permesso espressioni più dirette, classiche, immediatamente gradevoli. Per essere chiari crediamo che alla vendemmia 2015 possiamo dare un otto pieno, mentre la 2014 difficilmente arriva alla sufficienza e la 2013 la supera ma non di molto.
In definitiva questo nostra “immersione” nella Barbera d’Asti ci ha confermato che questo vino/vitigno è dotato di grande piacevolezza e immediatezza, purtroppo non apprezzata quanto si dovrebbe da un mondo dove un vino con buona acidità paga dazio rispetto a tanti prodotti piacioni e rotondi.
Questo però non vuol dire che la barbera debba scimmiottare altri vitigni o zone enologiche. La freschezza di una Barbera d’Asti è una caratteristica basilare e non deve arretrare davanti a niente. A proposito, anche se l’uso del legno è un po’ “arretrato” nella tipologia Superiore crediamo si potrebbe fare ancora qualcosa in più per renderle maggiormente fruibili.
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